Abstract:
Il presente contributo prende le mosse da un fatto di attualità degli ultimi giorni, il rilascio di Silvia Romano. L’intento è sorvolare sugli aspetti sociali relativi alle reazioni, in molti casi deprecabili, ma di declinare il fatto, concentrandoci sul reato di sequestro di persona secondo il nostro Codice penale e sulla Legge n. 82 del 1991 nota come il “blocco dei beni”, che sembrerebbe abbia segnato il tramonto della stagione dei sequestri.
Indice:
1. Introduzione
2. Il sequestro di persona nel nostro Codice penale
3. La legge sul blocco dei beni
4. Conclusioni
1. Introduzione
Secondo un sondaggio proposto da Kratesis, parrebbe che più della metà degli italiani – il 55% – siano contrari al pagamento del riscatto in caso di sequestro. Emergerebbe inoltre che l’orientamento politico dei soggetti intervistati sia determinante nella posizione assunta in proposito.
L’argomentazione più articolata, tra le tante raccolte negli ultimi giorni sui social, è che “il pagamento del riscatto va a foraggiare le organizzazioni terroristiche e pertanto lo Stato non dovrebbe permettere il raggiungimento di tale obbiettivo economico”. Apparentemente, tale affermazione avrebbe una logica di fondo, ma presenta un “corto circuito” di non poco conto. Andiamo pertanto a sviscerare le varie fattispecie penali del sequestro di persona previste dal Codice Rocco, al fine di inquadrare meglio l’argomento trattato.
2. Il sequestro di persona nel nostro Codice penale
All’articolo 605 codice penale è disciplinato il “sequestro di persona” in termini generali: “chiunque priva taluno della libertà personale…”. Il reato così previsto è tecnicamente a dolo generico, ovvero, non è necessario un fine ultimo che il reo intenda conseguire perché si raffiguri la fattispecie criminosa. Il solo atto di privare taluno della sua libertà costituisce l’illecito penale previsto dalla norma. È un reato tipico in caso di maltrattamenti domestici, ad esempio il marito che segrega la moglie in casa (per il quale è prevista l’aggravante al comma 2).
All’articolo 289 bis codice penale disciplina il “sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione”: “Chiunque, per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, sequestra una persona”. Questa fattispecie penale prevede un reato a dolo specifico, ovvero, il sequestro di persona è finalizzato al conseguimento dell’eversione dell’ordine democratico. Il sequestro più noto è senza dubbio il sequestro dell’esponente democristiano Aldo Moro.
L’articolo immediatamente successivo, il 289 ter codice penale prevede il “sequestro di persona a scopo di coazione”: “Chiunque, fuori dei casi indicati negli articoli 289 bis e 630, sequestra una persona o la tiene in suo potere minacciando di ucciderla, di ferirla o di continuare a tenerla sequestrata al fine di costringere un terzo, sia questi uno Stato, una organizzazione internazionale tra più governi, una persona fisica o giuridica o una collettività di persone fisiche, a compiere un qualsiasi atto o ad astenersene, subordinando la liberazione della persona sequestrata a tale azione od omissione….”. La previsione di questo illecito tende a includere in via residuale ogni tipologia di sequestro non rientrante nelle fattispecie già previste in precedenza. È stato introdotto recentemente con il Decreto Legislativo n. 21 del 01 marzo 2018. Il reato era già previsto nel nostro ordinamento dalla legge n. 718 del 26 novembre 1985, per dare luogo alla ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale contro la cattura degli ostaggi e per la tutela internazionale delle persone sequestrate a scopo di coazione. Nacque sulla spinta del sequestro di cinquantadue persone nell’ambasciata degli Usa a Teheran nel 1979, per la cui liberazione fu chiesta l’estradizione in Iran dello Scià di Persia, Mohammad Reza Pahlavi, fuggito negli Usa dopo l’instaurazione della Repubblica Islamica. Si è parlato abbondantemente di questo reato, in seguito all’iscrizione nel registro degli indagati dell’ex Ministro dell’Interno per la vicenda della nave “Diciotti”.
La Procura di Roma, a novembre dello scorso anno, ha definito Silvia Romano un ostaggio politico. È perciò lecito, per le molteplici implicazioni sul piano internazionale, ricondurre il sequestro della giovane cooperante alla fattispecie in esame.
In ultimo, la fattispecie delittuosa più nota in assoluto, il sequestro di persona a scopo di estorsione di cui all’articolo 630 codice penale: “Chiunque sequestra una persona allo scopo di conseguire, per sé o per altri, un ingiusto profitto come prezzo della liberazione…”.
Questo reato è stato per anni sulle prime pagine delle testate locali e nazionali ed è stato un “valido” strumento di approvvigionamento economico per le organizzazioni criminali di tutto lo stivale e per le bande criminali in Sardegna – due concetti da tenere ben distinti, vista l’assenza strutturale stabile di queste ultime.
3. La legge sul blocco dei beni
Il fenomeno dei sequestri a scopo estorsivo, come dicevamo, è stato un tema molto dibattuto durante gli anni ’70 e ’80 che ha portato il legislatore a intervenire mettendo ordine circa le procedure investigative adottate dalle varie procure attraverso la Legge n. 82 del 1991, meglio nota come la legge sul “blocco dei beni”. In estrema sintesi la legge stabilisce all’articolo 1: quando si procede per sequestro di persona il Pubblico Ministero richiede il sequestro dei beni appartenenti alla persona sequestrata, al coniuge, ai parenti e affini conviventi e a tutti coloro sui quali vi sia fondato motivo di ritenere che possano far conseguire agli autori del delitto, il prezzo della liberazione.
All’articolo 2 è previsto che chiunque, cittadino italiano, stipuli anche all’estero contratti di assicurazione aventi ad oggetto la copertura del pagamento del riscatto in caso di sequestro di persona a scopo di estorsione, proprio o altrui, è punito con la reclusione da uno a tre anni. Suddetti contratti assicurativi sono nulli.
All’articolo 7 leggiamo che allorquando sia necessario, per acquisire rilevanti elementi probatori o per la cattura dei responsabili, il PM può richiedere che venga autorizzata la disposizione di beni, denaro o altra utilità per l’esecuzione di operazioni controllate di pagamento del riscatto, indicandone le modalità.
4. Conclusioni
Come abbiamo visto, la legge sul blocco dei beni di congiunti e affini del sequestrato non esclude la possibilità del pagamento di un riscatto, laddove ne ricorrano le esigenze investigative, esattamente come prevede l’articolo 7 della legge n 82 del ‘91.
La ratio della norma non verte sull’impedire ai sequestratori di conseguire l’obbiettivo criminale. Senza dubbio quello è un effetto importante e da non sottovalutare. Il principio che ha ispirato il legislatore è quello di evitare che un reato di tale gravità venga gestito in termini privatistici, ovvero lasciando la gestione a una trattativa tra sequestratori e familiari, senza l’intermediazione dello Stato.
In seguito alla legge sul blocco dei beni si può dire che la stagione dei sequestri in Italia abbia visto il suo tramonto, ma sono molteplici le cause che hanno portato alla fine dell’epoca dei sequestri, tra cui la particolare preparazione investigativa sviluppata dalla Polizia Giudiziaria e dalla Magistratura, il potenziamento delle tecnologie di intelligence, la rinnovata sinergia delle forze dell’ordine nel perseguire i reati di criminalità organizzata. Tutti questi fattori, e molti altri, hanno reso il rischio di un sequestro, maggiore dei potenziali benefici.
Se il blocco dei beni è finalizzato perciò ad affermare la presenza dello Stato, la domanda da porsi non è se si sia pagato o meno il riscatto, bensì se, attraverso la magistratura e le forze dell’ ordine, lo Sato abbia fatto il possibile per tutelare la vittima e assicurare i responsabili alla giustizia.