Abstract:
Per la rubrica 110 e frode chi scrive ha deciso di condividere un’indagine seguita in passato. I nomi dei protagonisti sono chiaramente di fantasia e sono ispirati ai grandi autori della letteratura italiana.
Indice:
1. Il fatto
2. Le indagini in Toscana
3. Le indagini in Sardegna
4. L’epilogo e ipotesi investigative
1. Il fatto
20 ottobre. È un giovedì e Dante, commercialista, denuncia un sinistro per responsabilità civile terzi presso la sua compagnia assicurativa. Il danno è stato cagionato al suo amico Giacomo, imprenditore titolare di un’azienda che produce materiali per tappezzeria per imbarcazioni. Dante avrebbe provocato l’affondamento di “Silvia”, lo yatch di Giacomo, nella notte tra il 16 ed il 17 ottobre (tra la domenica e il lunedì mattina).
Silvia è il nome della moglie di Giacomo, oltre che il nome della barca che l’imprenditore ha acquistato pochi anni prima, cambiandole il nome, nonostante fosse risaputo tra i marinai che cambiare il nome alle imbarcazioni porti sfortuna.
Al rientro da una battuta di pesca i due amici in forte ritardo avrebbero ormeggiato in tutta fretta: Giacomo si sarebbe incaricato di riporre le attrezzature da pesca e Dante di lavare la barca, vano motore compreso. Per paura di perdere il volo per tornare in Toscana Dante avrebbe dimenticato la manichetta dell’acqua aperta dentro il vano motore mentre Giacomo lo attendeva in auto con il motore acceso.
La barca affondata non era coperta da assicurazione kasko, ma “fortunatamente” il commercialista aveva una polizza contro la Responsabilità Civile Terzi, contratta esattamente dieci giorni prima del fatto e pertanto poteva dare scarico alla sua compagnia per risarcire il danno cagionato all’amico.
2. Le indagini in Toscana
Le indagini sono state svolte tra la regione di residenza dei due amici, la Toscana, e la regione dove la barca era ormeggiata, la Sardegna, nonché dove Giacomo ha la sua seconda casa. In principio abbiamo contattato separatamente i due amici, i quali hanno reso delle dichiarazioni perfettamente in linea tra loro ed ogni circostanza era ampiamente suffragata da copiosa documentazione:
- Denuncia di evento straordinario presentata alla Capitaneria di Porto;
- Fotografie della barca a mezz’acqua e durante le fasi di recupero;
- Fattura del recupero dell’imbarcazione;
- Tutti i biglietti aerei e le relative carte di imbarco;
- Estratto conto della carta di credito con la quale sono stati acquistati i biglietti aerei (acquistati in momenti diversi);
- Fatture di acquisto del materiale di tappezzeria per ricostruire gli interni dell’imbarcazione;
- Fattura di riparazione.
Da notare che nella fattura di riparazione erano indicati anche i lavori di ripristino della carena. Ci spiegava il proprietario che questa è rimasta danneggiata a causa dell’urto contro il fondale a seguito dell’affondamento (meno di due metri di fondale).
Entrambi sarebbero partiti per il week-end comprando solo il biglietto aereo di andata in quanto avevano intenzione di portare la barca in Toscana la domenica, attraversando il Tirreno. La domenica mattina avrebbero verificato tramite il portale meteorologico www.ororo.it (nome di fantasia) rilevando che le condizioni del mare non sarebbero state idonee ad affrontare l’attraversata. Avrebbero dunque optato per rimandare alla settimana seguente e approfittare di quella domenica per fare un altro pomeriggio di pesca prima di rientrare in aereo. Acquistavano perciò i biglietti la domenica del 16 ottobre (e di cui ci fornivano contabile dell’acquisto). La barca, da appena tre giorni era in un nuovo pontile, in quanto per tutta l’estate è rimasta sempre in Sardegna, ma in un altro pontile galleggiante, in un porticciolo poco lontano dal luogo dell’affondamento. Questo pontile galleggiante proprio nei giorni precedenti è stato smantellato per l’inverno. Il pontile galleggiante è di proprietà di un amico di Giacomo, Ugo, il quale verso la metà di ottobre normalmente smantella il pontile e porta le barche dei clienti presso la sua rimessa dove si occupa della manutenzione.
Ugo è meccanico e carpentiere, ed è lui che cura la barca di Giacomo in sua assenza. Tra le tante attività che offre Ugo, ha anche una gru per il recupero dei natanti affondati. È proprio Ugo che si è occupato delle riparazioni della barca di Giacomo dopo l’affondamento. Nel periodo tra lo smantellamento dei pontili di Ugo e la traversata verso la Toscana, l’imbarcazione necessitava di un posto dove “alloggiare” ed è per questa ragione che Ugo si incaricava di portare personalmente la barca dal suo pontile, in fase di smantellamento, presso il pontile dove è avvenuto l’affondamento.
La mattina del lunedì Giacomo era in ufficio quando riceveva una telefonata da Ugo, il quale lo allertava che la sua barca era affondata. Si affrettava dunque per prendere il primo aereo e tornare immediatamente in Sardegna quello stesso pomeriggio (ci ha fornito anche quel biglietto aereo). Arrivato al pontile il personale gli riferiva che l’imbarcazione era stata trovata sotto il livello del mare con la manichetta dell’acqua dolce a bordo ed il rubinetto ancora aperto. Pressoché immediatamente telefonava all’amico inveendo contro di lui per la disattenzione.
3. Le indagini in Sardegna
Quanto sopra è ciò che ci è stato raccontato dai due amici, ma necessitava di riscontri e perciò si è rivelato necessario recarci sull’isola a cercare riscontro alle versioni rese. La prima cosa che notavamo sul pontile era l’assenza delle manichette dell’acqua attaccate alle colonnine. Il gestore del pontile, Cesare, spiegava che è stata una scelta della direzione per tenere più ordinato e perciò ciascun utente utilizza la propria manichetta che poi riponeva dentro la propria barca. Inoltre, le telecamere di video sorveglianza riprendono solo il cancelletto del pontile, ma non in fondo, dove era ormeggiata Silvia. Non era possibile acquisire i video dell’ingresso del pontile in quanto a distanza di sette giorni le immagini venivano sovrascritte.
Cesare non conosceva il proprietario della barca, ma conosceva di vista Ugo, in quanto nell’ambiente si conoscono un po’ tutti tra loro . Era proprio Ugo che chiedeva a Cesare di poter ormeggiare Silvia in fondo al pontile, asserendo che sarebbe stato più comodo per le manovre. Non avendo molta affluenza nel mese di ottobre, Cesare non vedeva ragioni per non accontentarlo e gli ha riservato proprio quella postazione. La barca la portava durante la notte del 13 ottobre. Al pontile non c’era nessuno ad accoglierlo in quanto il personale di terra nelle ore serali d’inverno non è più disponibile. Cesare non ha mai visto uscire o rientrare la barca dal pontile. L’aveva solo vista ormeggiata la mattina dopo che Ugo l’aveva portata presso il loro pontile.
Incontravamo perciò Ugo il gestore del pontile, meccanico e carpentiere, il quale confermava quanto riferitoci dai due amici toscani. Era a conoscenza del fatto che a dimenticare la manichetta dell’acqua aperta sarebbe stato Dante. Era con Giacomo nel momento in cui telefonava all’amico inveendo contro di lui.
Tuttavia, Ugo lasciava trapelare un’informazione importante omessa dai due amici: la Capitaneria l’avrebbe convocato per esser sentito a Sommarie Informazioni Testimoniali e ciò è accaduto anche al proprietario della barca. Abbiamo pertanto acquisito dalla Capitaneria del porto sardo le dichiarazioni testimoniali di tutti e tre i soggetti coinvolti. Il commercialista sarebbe stato sentito presso gli uffici della Capitaneria del porto di residenza, che ha poi trasmesso alla Capitaneria sarda che seguiva le opportune indagini. Nessuno dei tre soggetti coinvolti ha mai specificato nelle dichiarazioni rese alle autorità marittime che la manichetta dell’acqua all’interno del vano motore sia stata lasciata per dimenticanza di Dante. La Capitaneria di porto, dunque, fino a quel momento era orientata verso l’ipotesi di un atto vandalico ai danni dell’imprenditore.
A corredo delle attività svolte abbiamo contattato il servizio meteo www.ororo.it, ovvero lo stesso portale consultato dai due amici la domenica del 16 ottobre, quando avrebbero deciso di NON affrontare la traversata. Reperivamo perciò le tavole sinottiche dalle quali si evinceva che il Mar Tirreno quel pomeriggio era quasi piatto e nel corso delle ore pomeridiane le onde sarebbero calate ulteriormente. Inoltre, anche il vento quel pomeriggio sarebbe stato in calo dopo le 15.00, orario programmato per la partenza. Insomma, stando alle previsioni dello stesso portale consultato dai due amici, le condizioni sarebbero state ideali per affrontare la traversata.
In ultimo, abbiamo reperito un annuncio di vendita su un portale di nautica. L’annuncio era stato rimosso poco prime dell’affondamento e riguardava proprio la barca assicurata, Silvia.Nell’annuncio potevamo leggere che le seguenti componentistiche erano state sostituite proprio quello stesso anno:
- Motori;
- Impianto elettrico;
- Tappezzeria interna;
- Elica di prua.
Tutti componenti che potrebbero facilmente ascriversi alle riparazioni post affondamento. Questo potrebbe far insorgere il sospetto che la barca fosse affondata in epoca precedente a quella dichiarata. Inoltre, ogni componente indicato nell’annuncio come nuovissimo è facilmente ascrivibile all’affondamento (impianto elettrico, motori etc.) salvo, tuttavia, l’elica di prua. L’elica di prua è una piccola elica posizionata in maniera longitudinale rispetto all’imbarcazione ed è protetta sotto dalla chiglia della barca. La sua funzione è quella di aiutare il marinaio durante le manovre di ormeggio spostando la prua della barca a destra e a sinistra e riteniamo che difficilmente il danneggiamento di questa potrebbe attribuirsi all’affondamento.
Questo ci ha fatto sorgere un altro sospetto. Abbiamo perciò reperito le mappe batimetriche del piccolo porto dove la barca è rimasta ormeggiata per tutta l’estate apprendendo che il fondale in alcuni punti è inferiore ai due metri. Ciò ne rende impossibile la navigabilità, soprattutto per imbarcazioni di un certo pescaggio e, ancor più per marinai meno esperti.
4. L’epilogo e ipotesi investigative
Anche il marinaio più zelante, prima di lasciare la propria imbarcazione, laverebbe ovunque fuorché il vano motore che per quanto olio di gomito vi si possa investire non sarà mai totalmente pulito. A maggior ragione se si ha gran fretta. Inoltre, tanto maniacale ordine mal si concilierebbe con l’atto di lasciare la manichetta dell’acqua aperta che dal pontile attraversa tutta la barca. Ancor più in un pontile estremamente ordinato come quello che ospitava la barca assicurata. Prima di esporre la nostra ipotesi investigativa anticipiamo che abbiamo inteso condividerla con l’assicurato, Dante, il quale ovviamente non ha confermato la nostra tesi, ma solo due giorni più tardi ci ha ricontattati manlevando la Compagnia dal risarcimento della barca dell’amico e ha detto che avrebbe provveduto personalmente al ristoro delle spese per i danni cagionati.
Alla luce di quanto raccolto abbiamo dedotto che durante l’estate Giacomo avesse urtato una secca nel piccolo porto ove ha tenuto la barca per tutta la stagione, danneggiando gravemente la carena. Al primo recupero avrebbe provveduto il suo amico Ugo che ha provveduto a riparare anche la carena e l’elica di prua.
Contestualmente Giacomo, per rifarsi delle spese di riparazione avrebbe deciso di liberarsi della barca mettendola in vendita. Resosi conto che avrebbe potuto tenere la barca e, allo stesso tempo, rifarsi delle spese di riparazione, in accordo con l’amico commercialista ha optato per rimuovere l’annuncio di vendita e di simulare un affondamento del quale quest’ultimo si è assunto la totale responsabilità. Non per nulla, la barca è stata spostata in un altro pontile in piena notte a Ugo avrebbe chiesto che venisse ormeggiata proprio in fondo al pontile, fuori dalla visuale delle videocamere.
Tutti e tre i soggetti coinvolti si son guardati bene da riferire della dimenticanza della manichetta dell’acqua aperta alle autorità portuali. Come dicevamo, nessuno dei tre ha avvallato le nostre ipotesi, ma dopo averle condivise con l’assicurato, questi avrebbe preferito risarcire personalmente l’amico danneggiato.